Avvicinamento lunghetto ma sempre abbastanza comodo ed evidente. La via non attacca nel punto più logico (il diedro-canale a centro parete), ma leggermente a dx. La prima parte (fino al traverso verso sx) si svolge su radiolarite rossastra: sicuramente peculiare come roccia, compatta (quindi difficilmente proteggibile) ma con buon grip e interessante da salire. La seconda parte invece è calcescisto stile Pic d’Asti: tratti di roccia sana poco proteggibile immersi in mari di marciume. Come già detto il percorso non è assolutamente obbligatorio: max 2-3 tratti di IV (nessun segno della fessura di IV+ finale), per il resto tanto III (spesso poco proteggibile); buono comunque lo schizzo qui in relazione. In conserva L4-5-6, il resto a tiri attrezzando soste a piacimento (conviene fare tiri lunghi). Leggendo bene la relazione della via Dematteis&Marchisio del ’62 sembra che la via la ricalchi molto, ma d’altronde ci sta che tanti tratti “obbligatori” siano in comune (es. la ramba basale e il traverso a sx a metà parete), sicuramente la via del ’62 si discosta per l’uscita (che dev’essere stata fatta sullo sperone di dx direttamente alla croce di vetta). Nonostante quindi la via non ci abbia fatto impazzire rimane comunque un itinerario meritevole per l’assoluta bellezza del posto e per poter dire di aver messo le mani sullo scudo che si vede illuminato al mattino da Sant’Anna. Materiale usato: corda da 50m, set di friend 2-0.3 BD, nut, 6 rinvii e cordoni per le soste (tutte da attrezzare). Assolutamente consigliabile percorrerla tutta in scarponi. Discesa comoda passando dai canali detritici a sud (ometti e traccia di sentiero) che si imboccano dal colletto con la Testa dell’Autaret.