Grand Capucin – Via Bonatti-Ghigo

Grand Capucin – Via Bonatti-Ghigo
La gita
albertber
5 21/08/2012

Il nome parla da solo: Bonatti al Capucin. Un nome che riecheggia martellante nei sogni di qualsiasi alpinista (o presunto tale): scalare dove questo grande uomo per primo ha messo le mani è un viaggio a ritroso nel tempo, percorso nel cuore del Monte Bianco.
L’ itinerario segue una linea mozzafiato: un continuo susseguirsi di diedri, fessure, tetti e camini nel centro della parete est (salvo poi toccare per pochi metri la parete nord poco prima della cima), il tutto caratterizzato da un granito rosso surreale. Per godersi questa roccia tuttavia è necessario avere un buon grado in libera, la scalata infatti è molto fisica e i tiri liberabili senza troppi problemi sono veramente pochi. A rimedio corrono in aiuto i numerosi chiodi posizionati nei passaggi più duri (tutti mediamente buoni).
Quasi tutte le soste sono con due spit (o uno spit+chiodo/i) fatta eccezione per due o tre solamente a chiodi, ma comunque ottime. Inoltre è presente uno spit a metà del famoso muro di 40 metri, valutato in libera intorno al 7a, ma facilmente (e faticosamente!!!) azzerabile.
L’ unico tratto duro sprotetto è il traverso di 6c, dove abbiamo lasciato un chiodo a lama abbastanza buono nella prima parte.
La terminale non è particolarmente problematica, a differenza del tratto di canale prima delle terrazze, ormai completamente privo di neve. Nell’ affrontarlo bisogna essere rapidi poiché nel primo tratto, benchè breve, si è esposti alle scariche di sassi. Dopo una quarantina di metri con passaggi di misto abbastanza balordi è consigliabile spostarsi sulla dx (faccia a monte), dove si prosegue comodamente in conserva sul II/III grado.

Attenzione: l’ ultima funivia dal Torino è alle 17 salvo ritardi, quindi a chi dovesse prenderla consiglio di valutare bene i tempi: la via è molto lunga e con questi orari si è abbastanza stretti.
Altra pecca del Torino è l’ accoglienza: dopo una corsa furibonda su per quei maledetti 300 m del Flambeau per beccare l’ ultima funivia (“puntualmente” persa), abbiamo chiesto al gestore di poter passare la notte fuori programma dormendo anche nei cessi, avendo il denaro appena sufficiente per il viaggio del giorno dopo. La sua risposta è stata un sorrisino odioso e beffardo con la mitica frase :”se volete c’è il sentiero, che in teoria sarebbe anche chiuso (!!!!!), ma se insistete vi faccio passare lo stesso, in 4 ore siete alla macchina…” Alla fine l’ ha “vinta” lui e abbiamo dovuto spendere tutto per dormire forzatamente in rifugio senza poter mangiare un tubo. La cena comunque ci è stata gentilmente offerta da una signora svizzera mossa da compassione, che ci ha lasciato un po’ della sua minestra 😉
La cosa che mi consola è che la gentilezza di questo fastidioso ometto è rinomata nel panorama alpinistico (e non).

Compagno di questa avventura è stato il grande socio, ma prima di tutto grande amico, Michele, che pazientemente si è tirato tutta la via 😉

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