Alpette (Punta) – Diedro Polare

Alpette (Punta) – Diedro Polare
La gita
enri78
3 19/06/2017

Partiti alle 6:30 da Urbe, dopo sosta a Bagni di Vinadio per approvvigionamento acqua, lasciamo l’auto nel tornante prima del parcheggio della sterrata, dove parte il sentiero escursionistico che evita la carrozzabile sterrata e raggiunge in circa 1h30 il rif.Migliorero. Un’occhiata alla punta alpette, nostra meta di oggi, una ai bei laghetti dell’Ischiator ed un salto al rifugio per cercare di riperire qualche info in più riguardo la via che vorremmo attaccare. La relazione che mi propone il gestore è però esattamente quella scaricata dal sito del rifugio prima di partire. Poche info di base, ma che sono sufficienti per trovare l’attacco (foto) e per impostare le calate in doppia (anche se poi proporrò di scendere diversamente).
Una fetta di crostata ed un caffè, e mentre chiediamo al gestore se ci può aspettare per la cena, il quale ci rassicura dicendoci che “tanto lui è sempre lì”, lasciamo un pò di materiale superfluo da lui e partiamo per l’avvicinamento, che in soli 20 minuti, attraverso il sentiero a zig zag ci porta alla base della parete. Come previsto, alla base troviamo un nevaio ormai quasi disciolto, ma che rende le cose un pò più complicate. Io arrampico tra nevaio e parete su roccia bagnata, ma con un paio di passi di III mi trovo sotto il primo spit. Nico opta invece per gradinare il nevaio e traversarlo, slegato. Lo invece si lega in vita e la assicuro dalla mia posizione approfittando di quello spit, posto un paio di metri sopra un comodo terrazzino dal quale attaccheremo di lì a poco. Oggi va avanti Nico, poi io e la Lo, con in spalla l’unico zaino che portiamo con noi.
Il primo tiro è facile, alcuni passi nel grande diedro e siamo in sosta. La roccia è ovviamente ancora umida, ma la compattezza è rassicurante ed in un momento siamo tutti e 3 in S1.
L2 è invece il tiro chiave della via (singolo di 5c), ma Nico passa senza grossi tentennamenti il muretto verticale sfruttando un buon appiglio di uscita. Così faremo anche noi a seguire, per raggiungerlo in sosta su un comodissimo terrazzino erboso posto su una spalla della parete ricca di vegetazione. Curioso incontro, un piccolo pino spezzato proprio sugli appoggi di uscita del tiro. Lo “disgaggeremo” poi in seguito durante l’ultima doppia.
L3 si rivela invece un tiro oggettivamente pericoloso, visti i numerosi blocchi di roccia che muovono trovati salendolo. Invito pertanto a prestare la massima attenzione a chiunque si debba trovare a ripetere questa via. Da qui in su ci troveremo in questa situazione diverse volte. Ma d’altra parte questa volta siamo ad arrampicare in montagna e per giunta su una nord, quindi l’attenzione che sentiamo di prestare è maggiore del solito.
Giunti in S3 senza particolari difficoltà (il tiro si risolve con un paio di movimenti di placca ed altri passi di opposizione, che scandiscono a più riprese il ritmo di arrampicata della via), diamo un occhio ad L4, la lunghezza definita come la più facile (5a) nella “relazione” del rifugio. La partenza è da impostare all’interno di uno stretto canalino erboso (forse erba se ne trova forse un pò troppo lungo la salita…ndr) per poi proseguire su di una placchetta tecnica carina, ma complicata psicologicamente dalla massiccia presenza del parassita ormai secco, il quale non da la stessa sicurezza sui piedi che darà, come è normale che sia, la placca compatta e pulita che troveremo poi sul versante sud.
L’ultimo tiro mi lascia invece un pò perplesso, la chiodatura è ok, come per tutta la via, ma la via anzichè uscire diretta su placca, viene in qualche modo forzata ad uscire a destra sullo spigolo esterno che si affaccia sul versante sud del complesso, per poi rientrare oltre la cresta e riportarsi a sinistra, generando così anche molto attrito di corde.
Pazienza, cerchiamo di fare attenzione a dove farle passare per limitarne appunto gli attriti e Nico ci recupera come può in vetta.
Quache piccolo tentennamento della Lo, che non ci vede e non ci sente oltre la cresta, ma alla fine arriva anche lei.
Quache scatto di vetta ed approntiamo la calata, alla quale dovremo prestare molta attenzione per non far incastrare le corde, vista la cresta ricca di fessure e possibili pericolosi incastri. Trovato il punto adatto, caliamo e recuperiamo le corde agevolmente. Opto per scendere in S4 visto che scendendo in S3 come da relazione avremmo oltre al problema cresta, anche quello degli alberi tra S3 ed S4. Raggiungendo poi S2 potremo calare fin sotto al nevaio ed evitare la noiosa ridiscesa dello stesso. Purtroppo però una corda si attorciglia in fase di recupero e dopo un minuto di sconforto, chiedo a Nico di legarsi al capo della corda che siamo riusciti a recuperare e di dirigersi nuovamente verso S3 per fargli tentare di sbrogliare l’attorcigliamento. Ci riesce, e dopo aver poi raggiunto S3, fa manovra e lo calo di nuovo da noi. Recuperiamo le corde ed approntiamo l’ultima doppia, che ci riporta poi alla base, sotto al nevaio.
Sul sentiero di rientro, vediamo che la jeep del gestore non c’è, sono le 18:40. Alle 19 raggiungiamo infatti il rifugio, trovandolo, ebbene sì, CHIUSO. Nessun biglietto, ma il mio zaino lasciato lì fuori.
3 stelle alla via, la nostra prima vera nord di montagna, 1 stella al rifugista, andato per disperso, a differenza nostra, che dopo un’ottima pizza a Vinadio, rientriamo e raggiungiamo Urbe per l’una di notte.

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