Davvero bella e logica, un plauso all’occhio e impegno degli apritori, sembra ci sia stato un gran lavoro di pulizia e disgaggio
L3, L5 e L6 danno il valore alla salita.
Sopra il tratto duro in uscita da “dolce Enrico” fa bella mostra un albero secco a sbalzo e piuttosto vicino alla linea di calata: è stato preservato in ricordo della persona cui è dedicata la via.
Doppie: la prima S6–>S5 abbiamo preferito usare il maillon alto più grosso nella sosta, i due bassi fanno leva orizzontale sulla roccia; è un poco obliqua, utile rinviare prima di agguantare la sosta.
La seconda più breve da S5 alla sosta sottostante di “Dolce Enrico”, più rognosa della precedente, meglio rinviare il fix sullo spigolo a sinistra.
La terza verticale 55m nel vuoto fino alla sosta sul prato pochi metri di fianco S1, protetta da eventuali pietre volanti: da qui è facile il recupero delle corde.
S1 –> a terra.
Veloci (ma non troppo) con brezza già sufficientemente fredda x scalare a questa quota, per noi gente di pianura a cui da poche ore è stato concesso l’uso dei termosifoni: abbiamo tirato l’ora bighellonando per il bel paese walser di Campello Monti, purtroppo niente bar per il bianchino delle 10.
Oltre a un paio di ramponi dodici punte per il tratto di sentiero ripido su letto di foglie autunnali traditrici, mi sento volentieri di confermare il giusto consiglio degli apritori di attaccarsi almeno tre misure di camme BD # 0.5/0.75/1. Perché su una via sistemata da poco, su questo genere di roccia scisto-serpentinosa ricca di lame (alcune sottili), spuntoni e cambi di pendenza, anche se spadroneggiamo col grado i capelli bianchi piace farceli crescere a poco a poco.
In L5 prima di iniziare il traverso a destra e 3/4 metri dritti in verticale dal fix sopra lo strapiombino c’è materiale abbandonato. Abbiamo pensato ad un pacco regalo di qualcuno che ha cercato ingaggio fuori via ma non siamo andati a verificarne il contenuto: scomodo da raggiungere e la doppia serie di friends l’abbiamo già completata.