Tsan o Cian (Dome de) dalla Diga di Place Moulin

Tsan o Cian (Dome de) dalla Diga di Place Moulin
La gita
flavius
5 21/05/2017
Accesso stradale
Nessun problema fino alla diga - parcheggio a pagamento (2,50/giorno)
Osservazioni
Visto valanghe a pera esistenti
Neve (parte superiore gita)
Polverosa
Neve (parte inferiore gita)
Crosta da rigelo portante
Quota neve m
2200

Partenza alle 5.35 dal Prarayer. Portage di un’oretta per sentiero comodo nel bosco.
La neve inizia poco dopo l’alpeggio Valcournera, a quota 2200 circa.
Ottimo rigelo grazie alla notte serena. Ambiente invernale per tutto il falsopiano, che diventa maestoso una volta risalito il canale (in condizioni ottime: si sale e scente con le ciaspole senza problemi) che dà accesso al ghiacciaio di Chavacour. Gita facile fino poco sotto l’omonimo colle, dove si deve piegare a sinistra risalendo e attraversando una serie di canalini e vallette che, passando sotto il pendio (potenzialmente pericoloso) che scende dall’anticima, conducono alla spalla sotto quest’ultima. Da qui (non sono neanche le 10.00) vedo che il gruppetto di scialpinisti svizzero, partito poco dopo di me dal Prarayer, ha deciso di fermarsi al colle appena prima di raggiungermi. “Che fregatura!” penso. Temo per un attimo la fatica di dover tracciare la parte sommitale, ma, per fortuna, dei 10-20cm di fresca di cui parlava il bollettino, non sembra fino ad ora rimasto granchè e le ciaspole non stanno sprofondando neanche di 1cm.
Il problema è piuttosto l’orientamento (nonostante 3 diverse tracce gps scaricate dalla rete). So che si debbono compiere un paio di traversi ripidi verso sinistra, ma, poichè il manto di neve ricopre uniformemente ogni cosa, non ho idea di dove passare esattamente. La cima è ancora lontana circa 1km in linea d’aria. Da qui (poco sotto i 3100m) non si vede ancora ed anche la Punta Tzan (che potrebbe servire da orientamento) è nascosta alla vista.
Rispetto a poco fa lo scenario è cambiato e il paesaggio si è fatto molto più “aereo”. Non so esattamente cosa aspettarmi.
Sono sopra una conchetta glaciale circondata ad anfiteatro dal pendio che scende dell’anticima, dalla cresta spartiacque e da un muretto di neve sopra il quale è immaginabile un pianoro sommitale. E’ evidente che è là che devo arrivare, ma non so se si gira prima o dopo l’anticima (chissà poi perchè hanno nominato questa punta come anticima della Tsan data la sua lontananza dalla omonima Dome). Tenendo le ciaspole (la neve recente potrebbe nasconodere dei buchi) e seguendo il gps, scelgo dapprima di salire verso l’anticima, ma a metà pendio mi accorgo che sto sbagliando (chi ha postato quella la traccia – qui su gulliver alla pagina della Dome de Tsa – traversata Prarayer-Torgnon – ha terminato la gita sull’anticima!). Allora seleziono un’altra delle tracce precaricate, metto le ciaspole nello zaino e attraverso poco sotto la cresta fino a trovarmi sotto il muretto di neve. Mi do dell’imbecille perchè, se l’avessi capito prima avrei potuto arrivare qui tre quarti d’ora prima, con le ciaspole ai piedi e metà fatica. Il “muretto” che ho sopra sembra davvero ripido (ma con neve che sembra sicura) e non vi sono evidentemente alternative. A destra ci sono delle roccette ripide. A sinistra, prima di altre roccette, un pendio più facile che termina però con un’impennata di neve dall’apparenza sospetta (sembra una cornice o qualcosa che, dal colore “bagnato”, potrebbe colare). Probabilmente, se non ci fosse la neve dell’ultima precipidazione, si potrebbe intuire proprio lì, vicino alle roccette che affiorano a sinistra (dove mi indica il gps), quel percorso esposto ma non difficile di cui parlano le relazioni. Ho già perso un’ora e non posso tentennare oltre. Mi armo di picozza e risalgo la paretina nel punto in cui è totalmente innevata da cima a fondo. La neve non è più gelata, ma è comunque molto dura, e per creare le tracce che mi serviranno a scendere senza paura faccio una fatica bestiale. La consistenza (nonostante siano ormai le 11 passate) è tale che anche la picozza va spinta a forza! Sono minuti di interminabile fatica per superare poche decine di metri di dislivello. Da metà in poi la pendenza si accentua ancora andando oltre i 45 gradi (forse in qualche passo è anche 50) e contemporaneamente aumenta anche la durezza della neve. Mi sposto leggermente a destra alla ricerca di maggiore “penetrabilità”, passando accanto alle roccette. Per un attimo penso anche di rinunciare. Per fortuna almeno l’esposizione non è terribile (meglio non provare comunque a rotolare giù con le ciaspole attaccate allo zaino!) e mi faccio coraggio. Penso che la fatica di adesso sarà la comodità della discesa. Mi dico che se in pochi passi non spiana torno indietro. Proprio in quel momento la pendenza si abbatte e con un paio di rapidi passi aiutati dalla becca della picca sono fuori. Ora vedo di fronte a me Punta Tzan e, in discreta lontananza, la calotta sommitale della Dome. Sono sfinito. Penso fra me che se ci dovessero essere altre difficoltà sarei costretto a rinunciare. Per fortuna è quasi subito evidente che si possono rimettere le ciaspole. Ho la traccia giusta sul gps, ma non serve nemmeno. Sorprendentemente, il percorso da qui diventa improvvisamente dolce ed intuitivo. E’ ormai mezzogiorno e la neve inizia a cedere. Proseguo lentissimo cercando di riprendere calma fisica e psicologica. Salita lenta ma tranquilla fino alla punta centrale (la Dome della Tzan ne ha tre poco lontane l’una dall’altra) contrassegnata da un paletto che vedo solo dopo un po’ che sono in cima (è nascosto dalla neve). Sono le 13. Sto molto attento, nello scattare le foto di vetta, a non sporgermi troppo, dato che il versante sulla Valtournenche è veramente a picco. Cerco di mangiare, bere e riposare. Alle 14 inizio la discesa, preoccupato per il passaggio ripido, ma confortato dal pensiero che con la neve un po’ meno dura e le tracce ben fatte non sarà cosa terribile. Arrivato al punto chiave, prima di impegnarlo controllo che lì vicino non ci sia eventualmente un passaggio più facile non visto in salita. Non è così. Avevo visto bene all’andata. Una specie di cornice “chiude” quello che presumo sia il passaggio “normale”. Così scendo per la “mia” via, che in discesa mi impegna non più di 5 minuti. Ora mi sento davvero tranquillo. Serena e spedita discesa per il ghiacciaio e il canalino, dove giungo alle 16.00. Da qui due ore per attraversare l’infinito pianoro dove la neve ha mollato e 1h per scendere al rifugio (dove, per inciso, si viene trattati da principi). Doccia, cena, e ritorno all’auto.

L’oretta di portage dal rifugio (che si somma a quella del giorno prima per raggiungere il rifugio stesso) potrebbe a rigore togliere una stella, ma, a mio giudizio, l’ambiente grandioso, il panorama superlativo e, soprattutto, le condizioni ideali della neve (e siamo a fine maggio!) compensano ampiamente (soprattutto nel contesto di un anno non certo fra i più nevosi) il sacrificio (peraltro minore per noi ciaspolatori).

P.S.
Ho poi saputo dal gestore che il motivo addotto dagli svizzeri per la loro inopinata ritirata è stato proprio il pendio sotto l’anticima, a loro avviso troppo carico.
Da parte mia, vedendo che il pendio aveva già evidentemente scaricato il giorno prima, che di fresca fino a quel punto ce ne era davvero rimasta poca (aveva già evidentemente trasformato sabato), e che la notevole consisenza della neve in alto faceva temere più il pericolo di caduta che quello di valanga, c’è stata invece diversa valutazione.

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