Chi fin da giovane va in montagna, ha sicuramente dei momenti importanti da ricordare per sempre.
Il Rutor è stato per me uno di questi momenti. La prima volta in rifugio, la prima volta su un vero ghiacciaio, anche se a quei tempi era un ghiacciaio facile facile, liscio come un biliardo, senza alcun problema anche per un novellino come me.
Andai in compagnia di due nostri pompieri, Lino e per la prima volta Guido “dla val d’Ossola”.
Dopo il viaggio sul “macchinone” di Guido, una poderosa 124 …., partimmo a piedi sullo splendido itinerario delle cascate. Dopo lungo cammino, arrivammo al rifugio trovandolo attorniato da un battaglione di alpini, che fortunatamente se ne andarono quasi subito.
Prendemmo possesso dei nostri appartamenti, belli a dire il vero, anche perchè il rifugio era quasi nuovo, poi andammo a esplorare la zona. Veramente splendida. Alla sera facemmo amicizia con un gruppo di belgi, Jacques si chiamava uno, che ci avrebbe accompagnato il giorno dopo.
Partenza prima all’alba. Dopo un’oretta mettemmo piede sul ghiacciaio, che in verità era piuttosto tranquillo, senza nemmeno un crepaccio. Lino comunque voleva giustamente legarsi, ma Guido non ne aveva granchè voglia e si misero a ciocare. Proseguimmo quindi slegati; in effetti sul lato sinistro salendo a quel tempo non vi erano assolutamente crepacci. Passammo sotto numerose punte, sempre con la nostra meta davanti, che non voleva saperne di avvicinarsi.
La raggiungemmo, comunque, dopo cinque ore; un’isola rocciosa in mezzo al ghiaccio. Purtroppo il troppo caldo aveva tirato su una grande foschia e il panorama si rivelò scarso.
Il ritorno fu facile, ma lunghissimo, specie dopo il rifugio, con una temperatura tropicale, mitigata poi sotto dalle cascate.
Arrivati, il Guido andò a mettere i piedi a mollo in un ruscello; poi finimmo in piola a festeggiare con i nostri amici belgi.