E’ la gita che andrebbe chiamata (nelle condizioni attuali), con nome piu’ appropriato associabile piu’a un impresa che a una gita vera e propria. Di quelle dove dai tutto di te al fine di valutare il grado di resistenza fisica a seguito di lunghe interminabili e scoraggianti percorsi d’alta montagna, affrontati ancor con le peggiori delle condizioni. Una gita che affrontata d’estate senza neve, per lunghezza, dislivello e molteplicita’ di cime da salire, richiede un impegno che va abbondantemente oltre la media. Immaginarsi ora la stessa gita, ma affrontanta in condizioni invernali, neve abbondante e inconsistente (son riuscito a far andare giu’ un enorme cornice per essermi accostato forse un po’ troppo sul filo), lungo l’intero sviluppo della traversata. Solo picca e ramponi e un mondo di neve entro la quale finire una scarpa ogni passo, ma per lunghi tratti dove faceva accumulo, anche fino al ginocchio. Peccato il non poter usufruire di qualcono a dar man forte nel battere traccia, era uno di quei casi dove un socio avrebbe fatto di sicuro la differenza. Al sunto di tutto, ecco che i tempi fanno in fretta a dilatarsi, arrivando ad essere sotto alle 14 le ore richieste (del resto inevitabili con siffatte condizioni x non esaurire anche quelle poche forze residue rimaste in serbo). Incontrato un solo gruppetto di skialps francesi in vetta alla Roncia increduli al vedere un solitario tutto teso nella lotta con l’alpe. Il ricco reportage fotografico (e non poteva che essere altrimenti), e’ la fedele ricostruzione x immagini che quanto detto e’ pura verita’.