Roma (Punta) da Pian del Re

Roma (Punta) da Pian del Re
La gita
anonymous
4 27/09/2014

Partito alle 6.40 da Pian del Re, insieme a molti pescatori diretti ai laghi che costellano il gruppo del Monviso. Prendo il sentiero V14 e salgo con la frontale fino al sorgere del sole. Poi la luce tocca le punte del viso e della sua catena, e inonda presto la conca. Salgo fino al bivio con il V17. Lì ho appuntamento con Beppe e Alberto che giungono direttamente da Settimo Torinese. Io, da Milano, mi sono scarrozzato i miei bei 250 km ieri pomeriggio e ho dormito, si fa per dire, al Pian del Re.
Ho preferito portarmi avanti, anche per recuperare un’ora di sonno su un bel pietrone che sceglierò tra i tanti disseminati sul pianoro a quota 2.550 circa, al bivio del sentiero Rifugio Giacoletti-Punta Roma.
La notte è stata “pesante” grazie al fatto che all’albergo Pian del Re, per cena c’era solo polenta in varie salse e del budino! Ho chiesto se potevo avere del minestrone o un’insalata e mi hanno praticamente riso in faccia. “Ma scherza! A settembre?! Il minestrone lo facciamo solo in estate!” Che dire? Mangia la polenta e ringrazia. Ne assaggio un po’ con le varie salse evitando quella con il formaggio, per rimanere più leggero possibile. Frutta neanche a parlarne. Mi consolo con una tisana, dopo cena.
Lì dentro, trovo però la simpatica compagnia di tre escursionisti torinesi con cui chiacchieriamo di tante cose, di montagna e non solo. Ma per il resto…

Beppe e Alberto arrivano puntuali sul pianoro. Dormivo beatamente al tiepido sole di questa tardiva estate. Ciao, ciao, che gioia ritrovarvi! Un bicchiere di the e via verso le pendici di Punta Roma sul sentiero V18. La doccia al passaggio obbligato e attrezzato sotto la cascata che scende dal Lago Superiore, è meno violenta del previsto: qualche spruzzo e niente più.
All’attacco del canalino (I, forse un passo di II) ci leghiamo perché ci piace essere prudenti. Ci diciamo a vicenda “Attenzione alle pietre” quasi in coro. Punta Roma sente e ci prende in contropiede. Zac, eccone subito una. Diametro 5 cm, peso non più di 200 gr. Centra in pieno l’occhio di Alberto e gli apre l’arcata sopraccigliare destra. Battesimo non richiesto, ma accolto stoicamente dal colpito.
Laviamo la ferita, accostiamo i lembi, piazziamo un paio di cerotti in modo che li tenga uniti per far si che non resti una cicatrice troppo visibile al bel giovane.
Dopo pochi minuti, superato lo choc, Alberto dice che vuole ripartire. E noi con lui. Un poco stordito, un po’ di dolore, ma la ferita non sanguina più e il morale è alto.
Altre persone salgono, ci mettiamo in fila e quando è il nostro turno riprendiamo dal punto interrotto.
Continuiamo tra sfasciumi e bei passaggi di arrampicata facile su buona roccia, qualche traballante pietra sul cammino, tracce di sentiero quasi sempre sporche di pietrisco. Qualche passaggio è obbligato e “arioso” come dice Beppe. Io e Alberto, li definiamo esposti (II). Dopo un ultimo attraversamento su una cengia di una ventina di centimetri lunga un paio di metri e qualche passo che richiede concentrazione (I-II) vediamo la vetta sopra di noi.
La statua della Madonna orante ci accoglie. Siamo soli con il Creato. Felici, ringraziamo.
Dagli zaini escono l’immancabile salame, il formaggio, il tonno, la frutta secca, pagnotte e crackers. Ognuno rimane più o meno sulle sue posizioni alimentari, ma alla fine nessuno disdegna quel mix di tradizione e innovazione che ci siamo portati fin lassù.
Così condividiamo le bacche di gogj che vanno a far compagnia al tonno, il cioccolato si sposa con lo zenzero, le mele disidratate insaporiscono le fette di salame e la mousse di frutta accompagna la toma di Viù che Beppe immancabilmente porta in montagna.
Dal suo zaino, che ne ha viste davvero tante, ecco comparire la bottiglia della sua personale riserva di refosco.
Come richiamati dalla nostra festosa “colazione in vetta” ecco quattro gechi di Arenzano spuntare dai massi che portano alla vetta.
Con loro, condividiamo la Bellezza del mondo visto da lì e un sorso di vino, tanto per brindare alla giornata e alla vita.
Leggiamo e scriviamo il libro di vetta. Ce la siamo presa comoda. Ci voleva.
La discesa non è meno impegnativa della salita. Un po’ per i mille metri di dislivello, un po’ perché ci vogliamo godere ogni passaggio e divertirci a disarrampicare, sotto la guida di Beppe, che su Punta Roma c’è venuto venti volte e, come sempre, anche oggi ha centrato la gita giusta. Grazie.

È stato bello trovare diverse comitive di giovani; chi fuggiti dalla pazza folla delle feste paesane, chi a meditare seduto in riva a un lago, chi a spasso con il cane, chi semplicemente a godersi quei luoghi meravigliosi, così, distrattamente con le mani in tasca e il naso all’insu a guardare le cime e il cielo. E magari, inciampando senza conseguenze.
Un saluto ai tanti che abbiamo incontrato, ai ragazzi di Canelli, ai gechi di Arenzano.
Ai tre escursionisti grazie per non avermi fatto mangiare da solo la molto sobria ma ingombrante, almeno per me, cena. Avevano in progetto di andare, attraverso il passo di Traversette, al Rifugio Bagnour, l’unico, con l’Alpetto, ancora aperto da quelle parti. Spero che abbiano fatto una bella gita. Come la nostra.

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