Rondadura (Piz) dal Passo del Lucomagno

Rondadura (Piz) dal Passo del Lucomagno
La gita
taglia76
2 04/04/2011
Accesso stradale
Pulita
Osservazioni
Nessuno
Neve (parte superiore gita)
Farinosa compatta
Neve (parte inferiore gita)
Bagnata
Quota neve m
1900
Equipaggiamento
Scialpinistica

Sono prolisso, ma il racconto vale la pena. Buona lettura.

Ritrovo e partenza ore 4.45 da Milano, tutto liscio, alle 6.45 siamo al Lucomagno alle 7 pronti via.
temperatura -1°C che lasciava sperare almeno in un po’ di rigelo, al parcheggio una decina di macchine.
Dopo il primo pezzettino di sterrata notiamo che tutti attaccano il pendio sostenuto sulla sinistra, appena lontano dal parcheggio.
Io avevo letto e stampato un paio di relazioni, e mi risultava che si dovesse costeggiare prima tutto il lago. Chiediamo ad una tipa che si stava preparando, local e più furba degli altri in quanto era scesa in auto sulla sterrata, e chiediamo: “per il Rondadura?” e lei: “su di lì, dove vanno tutti”. Comunque perplesso, attacchiamo il pendio. Rampant da subito (rigelo ottimo). Dopo un centianio di metri di dislivello, tormentato dai dubbi, incrociamo altri due tizi, chiedo se siamo giusti per il rondadura, e il tipo mi risponde: “Ma va, il Rondadura è quello là in fondo, qui si va da un’altra parte che non ricordo il nome, lo sa il mio socio”. CVD.
Leva i rampanti, teniamo su le pelli e tagliamo in basso verso il fondo del lago, passiamo il torrente e ci apprestiamo a salire dalla parte giusta. Nel frattempo, erano già le 8 e 10. Al rondadura non ci va nessuno a parte un gruppo di 4 che vediamo già alti sul pendio. Il perchè lo capiremo dopo.
Prima parte del pendio (quella con drose e ginepri) improponibile, poca neve massacrata dalle discese dei giorni scorsi e rigelata per bene, traccia inesistente, non si sale senza rampant, ma neanche con, visto che il terreno è talmente sconnesso che spesso il rampant non fa presa. Una tragedia. Io comincio da subito ad arrancare. A dire la verità, presumevo non sarebbe stata una giornata leggera, visto che nelle due notti precedenti avevo dormito in totale 6 ore, e nei due giorni precedenti avevo lavorato 32 ore…
Morale della favola, superata la prima parte del pendio con pena indicibile, sono già massacrato, giacomo mi ha già distaccato, gli grido di andare pure, che io temo di non avere molte speranze. A dire la verità vorrei proprio fermarmi subito, ma poi il pendio si apre, la traccia è più pulita, arriva il sole, la neve remolla all’istante, posso levare i coltelli e camminare un po’ più leggero. Il caldo si fa sentire da subito e certo non aiuta. Procedo a velocità da 4000. Superato quella specia di ripetitore chiamo giacomo, che non vedevo più da tempo, e mi conferma che è quasi arrivato in cima. Io proseguo ancora fino al termine del valloncello, quando si traversa e si comincia a salire per attaccare la pala finale, e mi fermo, presumo a quota 2700 circa.
Sono ormai le 11, mi siedo, dopo una decina di minuti arriva giacomo, che comunque si è fermato al deposito sci e non ha fatto la crestina finale. Mi dice : “muoviamoci che è già stracotta”. In effetti si scia su firn pesante nella valletta, sempre più pesante fino soto il ripetitore, poi sotto inizia la tragedia. Si scende (non si scia) in un pastone simile a sabbia mista a Vinavil, affondando dallo stinco (quando va bene), a metà gamba. Giacomo ad un certo punto scompare dalla visuale, è finito in un buco quasi per intero, a momenti ci vuole la pala per tirarlo fuori.
A parte un pezzo leggermente meglio in quel canale ripido sopra l’alpe (leggermente meglio significa comunque una merda), il resto è un dramma. Fare curve manco se ne parla, diagonali cercando di stare in piedi, poi o si cade e se ne approfitta per girare gli sci, o si fa dietro front.
Ogni caduta una via crucis, a parte che ci si inzuppa, si va sotto quasi completamente e rialzarsi è uno sforzo immane, anche perchè la neve è inconsistente, e non si riesce apuntare i bastoncini… non le ho contate, ma credo di essere caduto un centinaio di volte. Giacomo, che in vita mia non ho mai visto cadere con gli sci, una decina di volte è caduto pure lui.
Nell’ultima parte, quela tra i cespugli, sono stremato, vorrei restare lì ad attendere il rigelo, non capisco nemmeno più cosa sto facendo, diagonalina, caduta, scaletta con affondamento a scendere, non è che si possano fare cazzate, ci sono cespugli, salti di roccia, buchi, torentelli…
Alla una siamo al torrente. Ripelliamo, cazzo, si sfonda anche in salita e sulla stradina. Meno male che appena dopo la strada è pulita, leviamo gli sci e alle due siamo all’auto.
Nel parcheggio c’è solo la nostra macchina, in giro manco un’anima, sulla strada non passa nessuno.
Giacomo mi dice: “Che figata sto Lucomagno, qui non è mica come al Sempione, che arrivi giù nella bolgia, guarda che bello, non c’è nessuno”.
Ci sistemiamo, mangiamo, alle due e mezza facciamo per partire, notiamo un foglietto sul parabrezza: “Amministrazione delle Strade del Canton Ticino. Il passo del Lucomagno è chiuso per pericolo valanghe dalle ore 11 alle ore 21. Durante queste ore è fatto divieto assoluto di circolazione sulla strada.”
Ecco perchè non passa nessuno e non c’è in giro nessuno. Altro che posto tranquillo, posto chiuso. Ed ecco perchè tutti andavano sull’altra cima e non al Rondadura. Per tornare prima.
Siamo allibiti entrambi. A parte che vorrei che mi spiegassero dove stava il pericolo valanghe, visto che sui pendii sopra la strada di neve non ce n’è più neanche un filo; e poi la mia mente italiota non riesce a concepire proprio questa raffinatezza elvetica delle strade chiuse ad orari. In Italia le strade o sono chiuse o sono aperte. E spesso, anche quando sono chiuse, si passa lo stesso. Se trovo aperto, vuol dire che è aperto, mica vado a pensare che poi chiudono, e che mi chiudono dentro.
In seguito verificheremo che il cartello con gli orari c’era, ma sfido chiunque a vederlo col buio alle 6 del mattino.
Comunque, visto che di aspettare 7 ore da soli al Lucomagno, con la prospettiva di una parte dell’attesa al buio e di arrivare a casa alle 23, non se ne parlava proprio, decidiamo di provare a scendere lo stesso, magari non hanno chiuso la sbarra. Scendiamo a manetta stile rally, tanto non c’è in giro nessuno, e naturalmente a Campra troviamo una sbarra che manco ad Auschwitz era così robusta.
Giacomo va a chiedere al bar della pista di fondo, dove una sciura, con perfetta etica svizzera, non solo ci dice che la sbarra la riapriranno alle 21 (se va bene alle 20,30), e che ci dobbiamo attaccare, ma anzi, si incazza pure, perchè dice: “Se vi hanno messo l’avviso che non si può circolare, perchè siete scesi dal passo fino a qui?”
Da buoni italiani intravvediamo una via di fuga: accanto alla scarpata c’è la pista di fondo ormai chiusa ma ancora parzialmente innevata, forse montando le catene si riesce a scendere dalla scarpata sulla pista di fondo, e da questa guadagnare il piazzale del bar. Il rischio, abbastanza consistente, è quello di impantanarsi e recuperare la macchina al disgelo, tra qualche settimana.
In preda all’angoscia, decidiamo di provarci comunque, stiamo già montando le catene, quando alle nostre spalle udiamo un rombo: tre motociclisti crucchi in perfetta divisa tuta nera da motociclista crucco che scendono dal passo a manetta. Arrivano alla sbarra e si fermano stizziti.
Meravigliato mi avvicino: “Do you speak english?” Il tipo: “A little”. Io: “Are you coming from Disentis (il paese che c’è in Grigioni dall’altro lato del Lucomagno) right now?” Tipo: “Yes, yes, right now”. Io: “And the road is open on the other side??? Is quite strange, if here is closed it should be closed on the other side too…” Il tipo ” No, no, everything is open on the other side”. Guardo Giacomo in faccia e non ci pensiamo due volte: stare lì non se ne parla, la pista di fondo è un rischio della madonna, dall’altro lato faremo 200km in più, ma comunque meglio che stare fermi. Ripartiamo, mentre i tedeschi provano un improbabile passaggio sulla pista di fondo innevata con delle Kawasaki 900 da strada. Completamente fulminati.
Su a manetta al passo, scendiamo dall’altra parte confidando nella parola dei tedeschi e nell’ipotesti che magari di là è un altro cantone, e si sono organizzati diversamente.
Arriviamo nei pressi del primo paesino (una roba tipo Riale, tra l’altro sul lato grigionese di neve non ce n’è proprio più manco un filo), e naturalmente cosa troviamo? Una bella sbarra chiusa. Assai meno seria di quella sul lato ticinese, ma pur sempre una sbarra.
Ci interroghiamo sull’informazione dataci dai tedeschi, e concludiamo che sono proprio fulminati, visto anche il raid sulla pista di fondo.
E’ la seconda volta in un giorno che ci danno informazioni sbagliate, stamattina la tipa, ora i tedeschi: mai fidarsi di nessuno.
Qui la situazione però lascia qualche speranza: intanto la sbarra è esile, e chiusa da un lucchettino ridicolo… una paio di colpi col cric e salta di sicuro… però c’è in giro parecchia gente al villaggio, e anche un sacco che arrivano lì, trovano la sbarra e fanno dietro front (sul lato grigionese evidentemente l’indicazione di chiusura è ancora meno evidente), quindi l’operazione cric la vedo male. Insomma, gli unici coglioni imprigionati siamo noi, si concretizza l’incubo di restare fino alle nove, in più sia io che mio fratello abbiamo il telefono con credito esaurito (dobbiamo avere consumato tutto chiamandoci lungo il percorso), quindi non possiamo manco avvisare a casa, con conseguente sodomizzazione una volta arrivati a casa, allarmi, la Rega che ci viene a cercare, ecc.
Nella disperazione, noto però che la sbarra, da un lato poggia al muro di sostegno, dall’altra parte c’è una baita, con degli scalini che salgono all’uscio. Tra baita e scalini c’è un pertugio di un metro e mezzo, forse i tedeschi fulminati con le moto sono passati da lì, ma cacchio, o non hanno visto la sbarra, o hanno fatto gli stronzi… vabbè. A ben vedere, forse, salendo con una ruota sugli scalini della baita, ci si potrebbe passare, al pelo di figa. Peccato che ci sia una macchina posteggiata un paio di metri avanti, che impedisce la manovra. Prendo il coraggio a due mani, e inizio a girare tutte le baite, per capire di chi è sta macchina, è targata GR, quindi sarà di qualcuno del villaggio. Col mio tedesco da spiaggia comincio a tutti : “Blau wagen, ihre wagen?”. Alla fine la macchina è di un ragazzo giovane, gli dico: “kann sie eine bischen zuruck wagen machen?” il tipo capisce e mi dice: “Ja, Ja, kein problem!” Sposta la macchina, e mi fa capire che comunque secondo lui stiamo facendo una stronzata, e che di lì non ci passeremo mai. Ci allineamo giusti, una ruota sul gradino, una grattatina al fascione e alle minigonne laterali, ci passiamo al millimetro. Siamo liberi!!!
La prospettiva adesso è quella di un lungo giro: giù fino a Disentis-Muster, poi tutta la val Surselva fino a Coira, autostrada, san Bernardino, Bellinzona, Milano. Ma chissenefrega, ormai siamo liberi!!
Riusciamo anche a telefonare a casa, alle 19.30 sono sotto la doccia.
Non male come gita, direi.

PS: a metà della val Surselva ci hanno sorpassato i tre tedeschi fulminati in moto: evidentemente il tentativo sulla pista di fondo non è andato a buon fine.

PPS: la montagna su cui salivano tutti si chiama cima dell’Uomo, a occhio direi una bella gita, anche se più corta: alla luce dei fatti ci conveniva proseguire e fare quella gita, avremmo fatto una sciata migliore (migliore esposizione, almeno a giudicare dalle tracce), e forse avremmo evitato il casino della sbarra.

PPPS: a mio avviso, a meno di volere fare gite in notturna, si possono portare gli sci in cantina. Il manto e talmente umidificato e remollato in profondità, che potrà rigelare in modo soddisfacente solo in presenza di un periodo CONCRETAMENTE freddo, e di durata non breve, che per ora non vedo in prospettiva… altrimenti ci sarà sempre il rischio sfondamento.

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