Gondo, la Pala – La Classica

Gondo, la Pala – La Classica
La gita
pagnogio
4 28/08/2011

La coppia Paleari-Rossi superarono l’El Cap’ italiano con l’unica linea logica affrontabile per quei tempi. La parete non presenta diedri e fessure visibili da lontano quindi la scalata fu affrontata tiro dopo tiro con il costante dubbio di non sapere se si riusciva ad arrivare ai boschi sospesi ma contando solo sulle proprie capacità, volontà e coraggio. La linea è veramente ardita su una parete impressionante. Ardita come lo sono state tante pareti aggettanti e strapiombanti sulle Alpi anche affrontate negli anni’30 in cui vennero trovati dei punti di debolezza con rampe e fessure che permettevano di superare strapiombi apparentemente insuperabili. La chiave di questa parete è rappresentata infatti da una rampa che da sx verso dx guadagna il centro dell’ultimo terzo di parete che più sale e più strapiomba, proprio come El Capitan in Yosemite. Una volta lì, il vuoto dietro le spalle si avverte più che in ogni altro luogo tanto da non riuscire a scrollarselo di dosso. Super CHAPEAU per la coppia che fece uso di una decina di chiodi a pressione per superare placche lisce altrimenti non scalabili con gli scarponi. Come dice Alberto Paleari, la via ha un’anima, una logica ed un senso marcato, per cui, anche se la roccia non è come la immaginiamo su un’arrampicata votata al divertimento, la via è molto consigliabile per alpinisti che vogliano trarre grande soddisfazione da una salita.

L’arrampicata è mista, scalabile azzerando su chiodi e spit e con la maggiorparte in libera. Si dice fino al 6a, non prendete alla lettera il grado che su certi terreni conta relativamente. Se proprio dovessi dare un grado darei VI+, come i sesti dolomitici dove serve padronanza del grado, esperienza, capacità di interpretare i passaggi, spesso non diretti ma a dx e sx della fessura sfruttando piccolissimi ma netti appoggi per i piedi tipici di questa parete (vedi Tacchi a spillo). Via quindi per Alpinisti addolcita dagli spit posizionati nel 2001 dallo stesso Alberto che i ripetitori ringrazieranno perchè a differenza di tanti altri, tiene al fatto che venga ripetuta. Al 1986, le ripetizioni (fonte Gino Buscaini), erano 4-5. Dal 2001, sicuramente qualche decina. Spit sì, spit no? Paleari ha risposto, la via mantiene l’avventura ma un alto grado di sicurezza. E nessuno si è mai lamentato.

La via si attacca in 2 modi:

– dalla rampa erbosa superiore che si guadagna salendo i punti più deboli del pendio misto a placche (1 spit di passaggio), III. Si sale fino a quasi al punto più alto in corrispondenza di uno spit alla base con cordino. Si sale dritto fino ad un secondo spit e si prende a sx fino ad un terzo. Il tiro prosegue dritto per quasi 60 m. con altri 2 spit vecchissimi e dalla tenuta dubbia ma è il tiro più utilizzato. I passi sono obbligati e la possibilità di integrazione solo su 2 punti. Si tratta della variante di 6b+ (obbl.) aperta successivamente all’originale che passa a dx. E’ il tiro tecnicamente più impegnativo, il resto è molto meglio chiodato ed integrabile.

– (DIRETTAMENTE DA ALBERTO PALEARI CHE CONSIGLIA RISPETTO ALLA VARIANTE): Dallo spit di attacco (fix con piastrina di alluminio e cordino, verso la fine del prato pensile), invece di salire ancora un po’ lungo il prato e fare il tirone di 6b+, sali diritto sulla placca appoggiata e arrivi dopo 20 m a un fix messo da me nel 2001. Sali tre o quattro metri poi traversi a destra 5 metri (puoi mettere solo un nut piccolo). Alla fine di questo traverso vai su diritto per una traccia di fessura cieca fino alla sosta, un chiodo con vecchia fettuccia (sosta con due fix 35-40 m). E’ solo un 5c ma piuttosto psicologico perché li fai con un fix un nut e un chiodo. Da qui vai su un bellissimo traverso ad arco verso sinistra con un paio di fix e qualche vecchio chiodo (puoi integrare con un paio di friends abbastanza piccoli (tipo 05, 0,75 camelot) e arrivi sempre attraversando a sinistra, anche in leggera discesa, alla sosta 2 (25 m 6b+).

Segue un tiro di 6a piacevole in traverso. Si prosegue a sx (ignorare un chiodo sulla dx che ha il solo scopo di mandare fuori via) e puntare ad una fessura a sx (3 spit, 6b) che con 50 m. porta alla cengia superiore. Da qui inizia la Pala vera e propria, si parte con un 7a molto ben scalabile in libera (l’originale passa a sx in fessura ma è schiodata) e si prosegue seguendo la logica (impossibile sbagliare), effettuare i tiri lunghi ignorando le soste a chiodi e andando da sosta nuova a sosta nuova con tiri mediamente di 45-50 metri. Ho rischiato la morte sul tiro di IV, sotto la sosta 2 sassi appoggiati di 30-40 kg l’uno, si sono cammuffati da pilastrino. Secondo me sono sempre stati lì e nessuno li ha mai gettati nel vuoto per paura di rovinare soste e/o rischiare la vita di chi malauguratamente potrebbe passare alla base della parete. Non toccateli! Possibile evitare gli ultimi 2 tiri calandosi da Tacchi a spillo, discesa consigliata con corde da 60 metri (ultime 2 doppie su un unico spit e moschettone lasciato).
La relazione presente su Versante Sud è tipicamente un adattamento della guida da falesia su terreno di montagna quindi prenderla con le dovute precauzioni. La via è valutata ED e con gli spit potrebbe essere valutata TD+. Il materiale necessario è 12 rinvii (di cui 4 molto lunghi), fettucce e moschettoni singoli ed una serie di friends dallo 00 al 2.

PS: la parete è 500 m. di dislivello e 650 di sviluppo.

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