In cima prende TIM
Via dalle difficoltà tecniche complessive abbastanza contenute ma decisamente di ingaggio psicologico, data la distanza delle protezioni, la difficoltà nel proteggere alcuni passaggi e la qualità della roccia, che specialmente nella seconda parte è risultata inaffidabile e di bassa qualità. Partiamo dal principio, nella speranza di condividere informazioni utili per eventuali altre ripetizioni: il materiale e la descrizione presente qui su Gulliver è coerente e affidabile. Fino a L3 la qualità della roccia è buona e l’arrampicata sulle placche decisamente piacevole e divertente. Il passaggio per superare il tetto di L3 è sostanzialmente impossibile da proteggere. L4 e L5 spaesano un po’, e abbiamo dovuto far sosta su uno spuntone poco al di sopra dello spit con cordone colorato descritto per S5, poichè al centro del diedro, nei pressi della sosta originale, era ancora presente un nevaio. Da questo momento le cose sono iniziate ad andare nel verso sbagliato. L6 ci ha messo abbastanza in crisi, poichè il primo spit non è facile da individuare, e lo abbiamo visto solo successivamente. Ci siamo infatti tenuti troppo sulla sinistra, dovendo accontentarci di una sosta su spuntoni su roccia rotta e in mezzo a grosse lame decisamente instabili. Nel frattempo purtroppo, una scarica di pietre abbastanza importante è scesa lungo il canale/diedro esattamente nella zona da cui stavamo facendo sicura, per fortuna senza conseguenze. Proprio da una battuta in questa situazione decisamente movimentata è nato il nome della “variante” ricavata tenendoci sulla sinistra: Spera in Dio.
Ci siamo ricollegati ad L7, in cui il passo su placca risulta molto estetico, sebbene inserito in mezzo a della roccia poco affidabile, che ci terrà compagnia fino all’arrivo in cima. Una volta sostato su una coppia di spuntoni, abbiamo proseguito per un diedro erboso sulla destra, al termine del quale è presente un chiodo per sostare. A seguire, un secondo diedro e poi la vetta.
Allego una relazione sulla base della nostra esperienza, risultata abbastanza avventurosa.
La salita è stata effettuata da tre cordate di istruttori/allievi come ultima uscita di corso della Scuola Ennio Dallagiacoma.