Ambiente decisamente severo per un attraversata eterna e non priva di sorprese. Non ultima la neve, presente in piu’ punti sottocresta sul versante esposto a nord, per di piu’ inconsistente e con sotto ghiaccio. Evitata il piu’ possibile contornandola ai bordi per evitare di mettere i ramponi. Pulita sul filo. Tralasciata la prima punta, l’orientale, notata quando eravamo ormai oltre. Poco importa, ci siamo rifatti calcando le successive due, la centrale con omettone e l’occidentale con libro di vetta al seguito, e piu’ bassa di poco della principale, che vedevamo vicina di poco piu’ alta a oriente di dove eravamo. Stufi delle tante ore ormai spese in un carosello di saliscendi infinito, lunghi tratti sul filo per lo piu’ in conseva corta, altri con tiri nei tratti esposti specie negli inevitabili e frequenti aggiramenti a riprendere il filo, nebbia che saliva da tutte le parti a rendere viscida la roccia, aggiungi la doppia 20m esposti a calare sulla neve poco sotto il profondo intaglio, poi via a riprendere lo stancante cammino sul dritto e non vedere mai la fine del calvario, perche’ e di vero e proprio calvario che si tratta, ci siam buttati giu’ anche noi dalla normale, seguendo la trafila degli ometti, il rumore di qualche pietra a fiondare giu’ ma per fortuna da lungo il canale a fianco il nostro e finalmente il sentiero. Direi piu’ una traccia che un sentiero, con frequenti lingue di neve residue da attraversare per fortuna ormai molle. Rientro eterno con contornamento alla base di questa ciclopica montagna, tramite il valico del Costafiorita a riguadagnare la base che e’ stata anche per noi l’alpe D’ovarda che gia’ va bene, se non altro a contenere di un minimo il dislivello altrimenti eccessio fossimo saliti dall’altra parte.
Con Tiziana, ancora una volta dimostratasi piu’ che all’altezza, nell’affrontare una traversata di siffatte proporzioni, non banale e in condizioni non proprio perfette.