Moncorvè (Becca di) Via Lorenzi

Moncorvè (Becca di) Via Lorenzi
La gita
attila89
4 03/08/2017

Una bella salita di montagna, poco ripetuta, circa una cordata all’anno secondo il gestore del Vittorio Emanuele. La roccia è talvolta leggermente mobile, tuttavia offre un’arrampicata entusiasmante in fessure di ottima qualità. Gli unici blocchi veramente mobili sono sulla terrazza di sosta del quinto tiro, e i blocchi a destra del tettone del dodicesimo tiro.
Le soste sono quasi tutte in posto, qualche chiodo sui tiri.
Avvicinamento seguendo il sentiero sulla morena per il colle del Gran Paradiso, conviene iniziare a salire verso la parete quando si è sotto la verticale della vetta. Per l’attacco, arrivati ad un pilastrino con ometto, abbiamo attraversato una cengia a sinistra, per risalire poi verso destra alla base di un diedro in roccia biancastra e fragile (2h30 per noi). Quindi con una sola lunghezza di corda abbiamo raggiunto la sosta alla base del quarto tiro.
Siamo saliti con uno stile “classico”, mezze corde e zaino sulle spalle: in effetti un sacco da recupero sarebbe stato utile, soprattutto per non incastrarsi nei passaggi stretti. Abbiamo utilizzato una serie BD fino al 3 e doppi fino al 0.5, con tre microfriend, una serie scarna di nuts, qualche chiodo. Abbiamo messo un chiodo nel primo tiro di artificiale, e tre nel secondo tiro di artificiale (soprattutto lame e universali); abbiamo rimosso tutto, a parte un nut piccolo che è rimasto incastrato ad una sosta.
Tutti i tiri sono molto belli e interessanti, nessuno banale (i 5c riservano delle belle sorprese, ma sono coerenti, se si ha dimistichezza con la tecnica in fessura). Un po’ di terriccio ed erba sul sesto tiro. Utili due staffe per i tiri in artificiale.
Ottima la relazione di Umberto Bado sul sito GAT (e qui presente su gulliver) che abbiamo completato con uno schizzo di guide06 (Stéphane Benoist?). Aggiungerei che è utile un friend 4, visto che mi avrebbe evitato di piantare un chiodo e l’avrei utilizzato almeno 4-5 volte. Comunque, non è necessario, visto che siamo usciti lo stesso.
I chiodi in posto mi sono sembrati abbastanza buoni, e le possibilità di proteggersi bene ci sono, anche se alcuni tratti sono obbligati (per passare il masso incastrato del nono tiro, ho avuto qualche momento di meditazione religiosa). Menzione speciale al fessurino di dita del secondo diedro del decimo tiro, e per il tiro di”solo” 5c in fessura larga (e la sua uscita) per arrivare sotto al grande tetto L12, che si può interpretare in diversi modi!
Vista la chiodatura in posto e l’obbligatorio che non raggiunge il settimo grado, direi che l’ED+ in alcune relazioni è un po’ esagerato, ma ED ci sta tutto. Anche la calata in doppia, rinforzando qualche sosta, non mi pare così tragica come descritto (comunque, non ci proverei!).
Nonostante la calura africana, abbiamo avuto abbastanza freddo a causa di un forte vento. Circa 11ore abbondanti di arrampicata per noi (alcuni lunghi momenti di riflessione e di solitudine durante alcune lunghezze di corda!), arrivati al parcheggio a Pont con le ultimissime luci del giorno.

Con Trilly, maestro di artificiale sull’undicesimo tiro, con piccozza che si incastra ad ogni tetto. Ha snobbato la mia proposta di arrampicate chamoniarde, ma a questa proposta non ho saputo rinunciare!
Un grazie all’organico del rifugio Vittorio Emanuele II, grande accoglienza e organizzazione!

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