Gnifetti (Punta) e Capanna Regina Margherita da Indren

Gnifetti (Punta) e Capanna Regina Margherita da Indren
La gita
lupo-solitario
4 23/03/2012
Neve (parte superiore gita)
Polverosa
Neve (parte inferiore gita)
Crosta da rigelo non portante
Equipaggiamento
Scialpinistica

In colpevole ritardo, scrivo anch’io qualche riga su questo stupendo tour tra i ghiacciai del Monte Rosa. La compagnia è quella ormai collaudata di Marco e Dino. Primo giorno ci concediamo una tranquilla salita al Rifugio Mantova senza andare oltre (io mi spingo appena sopra la Capanna Gnifetti per dare un’occhiata più in alto) così da oziare e acclimatarci un po’ alla quota in vista dei due giorni a venire. La nuova struttura del Rifugio Mantova è molto bella e accogliente. Siamo solo una decina, di cui tre francesi e due coppie di tedeschi, per cui l’ambiente si mantiene molto tranquillo. Sveglia alle sei e partenza alle 7.00 con un bel sole e clima mite. Poche nubi ma solo all’orizzonte e in aumento sulle vallate a fine giornata. La traccia è più che evidente e si sale senza problemi. In corrispondenza del Cristo delle vette mi stacco dai due soci e faccio una veloce sgambata fino in cima per poi raggiungerli al colle del Lys. Qui l’elicottero scarica a più riprese i simpatici fruitori dell’eliski e rompe odiosamente la pace e la solennità di questi luoghi. Perdiamo un centinaio di metri di quota sotto la Punta Parrot per andare a prendere il pendio che porta tra la Gnifetti e la Zumstein. Qui mi stacco definitivamente e prendo a salire superando un paio di cordate di sci alpinisti diretti alla Capanna Margherita. Sto molto bene e arrivato nel punto dove la traccia devia per la Capanna decido di tirare dritto verso il colle Gnifetti e alla Zumstein. Non c’è traccia ma si procede abbastanza agevolmente senza sprofondare troppo. Intanto cerco di capire se sia fattibile salire dalla normale, dal momento che si vedono ampie zone di ghiaccio su tutto il pendio e ci sarà da trovare un passaggio sicuro sulla crepacciata parzialmente chiusa. Arrivato al colle tolgo gli sci e mollato il pesante zaino mi avvio a piedi con picca e ramponi. Il fondo è duro e qua e la si intravedono vecchie tracce lavorate dal vento. Giungo alla crepaccia e inizio a sondare il terreno con la picca qua e la dovendo più volte fare dietro front. Sarà il fatto di essere da solo ma non mi sento molto tranquillo… forse a contribuire a questa sensazione è anche la recente lettura del libro “La morte sospesa” di Joe Simpson… Fatto sta che trovo un passaggio un po’ precario ma che con un balzo mi permette di saltare dall’altra parte. Qui risalgo su ghiaccio vivo per una quindicina di metri su una pendenza di circa 45/50° stando solo sulle punte dei ramponi e trazionando con la picca. Arrivo alla cresta che conduce alle ultime roccette e la percorro su un fianco facendo molta attenzione. La neve è inconsistente e poggia su fondo duro. Giunto in cima il panorama è da togliere il fiato. Mentre poggio la mano sulla madonnina penso con piacere che questa è la prima volta che mi trovo completamente solo su un 4000 e senza nessuno che mi segua. Faccio alcuni scatti e inizio a scendere. Per farlo in relativa sicurezza, il primo tratto di cresta sono costretto a percorrerlo faccia a monte. Anche il pendio di ghiaccio lo scendo faccia a monte ma non mi crea particolari problemi essendo abbastanza morbido. La crepaccia invece la supero con il fiato sospeso e quando sento il piede sinistro che inizia a sprofondare, con un balzo mi metto al sicuro un metro più avanti. Sceso al colle rimetto gli sci e raggiungo i due soci che nel frattempo sono giunti alla Capanna Margherita. Anche qui il panorama è eccezionale. Dopo aver salutato un paio di ragazzi rimaniamo soli e così sarà fino all’indomani. Ora ci attende un gelida nottata al locale invernale. Quest’ultimo è relativamente confortevole, le coperte non mancano e ci sono bombole e fornelli per cucinare. Ahimè la quota si fa sentire e ogni movimento diventa una fatica. Al tramonto rimaniamo estasiati e maciniamo decine e decine di scatti con la macchina fotografica. E’ uno spettacolo unico che vale mille volte il disagio di questo bivacco. La notte è come risaputo, un incubo. Io e Marco la passiamo tra un tè caldo e una chiacchierata cercando avidamente ossigeno, mentre Dino se la dorme beatamente… che rabbia!! Finalmente arriva l’alba ed è un altro tuffo al cuore. Iniziamo la discesa poco dopo le 7 e ci dirigiamo verso il colle del Lys. Qui la neve è molto bella e ancora farinosa. Ripelliamo e ci dirigiamo verso il Ludwigshohe. Gli ultimi metri li facciamo con picca e ramponi. Rimessi gli sci scendiamo al Cristo delle vette ancora su neve farinosa ma un po’ più pesante. Foto di rito sotto la statua e poi giù per i pendii che incrociano quello della Piramide Vincent. Da qui e per tutto il ghiacciaio del Garstelet fino al rifugio Mantova la discesa è tutta su crosta ed è veramente una tortura. Dal Mantova optiamo per raggiungere gli impianti di Indren ma appena iniziata la discesa un incomprensione tra i miei due soci ci fa dividere. Io rimasto indietro seguo allora Dino, che per canalini e pendii più aperti, su neve che ha mollato il giusto, mi conduce alle piste e da li attraverso la “nera di rientro”, direttamente a Gressoney. Qui ci ritroviamo tutti e tre all’auto e dopo un po’ di rimostranze sulla separazione avvenuta sotto il Mantova, l’entusiasmo per questa stupenda tre giorni di scialpinismo prevale.
Finalmente ho aggiunto anche questo tassello alla mia limitata esperienza di montagna e così ho potuto vivere da vicino questi luoghi fino ad ora solo fervidamente immaginati.

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