Faggi o Fò (Rocca di) – Andrea e Paolo

Faggi o Fò (Rocca di) – Andrea e Paolo
La gita
mercvtio
13/10/2009

Via discontinua nei primi tre tiri sullo zoccolo basale che più si sale e più si “verticalizza” diventando sempre più continua.

Da effettuare in primavera ed in autunno, (è una nord in Liguria quindi si può fare ma è possibile trovarla umida d’inverno).

L1: III+/IV 20 m 4 fix + 1 ch.
È possibile ancorarsi alla partenza della via mediante una barretta d’antan sulla placca di DX dell’evidente diedro iniziale. Si risale tutto il tratto (III+) e poi si transita verso SX su erba per circa due metri attaccando un risalto roccioso (IV) che conduce ad una terrazza erbosa.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata

L2: IV/IV+ 20 m 5 fix + 1 ch
Dalla sosta si attacca una placca con lama che si raggiunge con un piccolo passo strapiombante (IV+). Si prosegue verso DX e poi in verticale, su un muro tecnico fessurato con splendidi movimenti eleganti. Si prosegue qualche metro su roccette e si attacca una lama strapiombante ben appigliata IV+) che conduce in cima al risalto.
Sosta: cordone su albero maillon di calata

L3: IV+/V 25 m 7 fix
Si prosegue per una quindicina di metri a piedi seguendo i bolli rossi sino all’attacco di un nuovo risalto. Vi è un diedro aggettante che dev’essere risalito con buon uso dei piedi (V). I primi due fix sono posizionati in modo da permettere l’A0 o direttamente l’uso di una staffa. Usciti dal primo muro la linea segue una placca verticale molto elegante (IV+) che raggiunge uno spigolo abbattuto alla propria SX. Ci si ristabilisce su di esso raggiungendo la sosta in un ambiente più severo.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata

L4: I + raccordo 20 m con cavo metallico
Direttamente dalla sosta del terzo tiro parte un cavo d’acciaio verso DX che s’insegue per 20 m prima doppiando lo spigolo, poi su rocce rotte ed infine in un breve canale erboso.
Sosta eventuale 1 fix da 8 o longe su 1 fix da 10

L5:IV+ 15 m 5 fix + 1 ch. + 1 cordone
Dal termine del cavo metallico si sale su una placchetta appoggiata che si verticalizza subito. Si prosegue verso DX raggiungendo uno sperone breve che può esser affrontato come tale o come diedro tecnico stando a DX (IV+). Si esce su una terrazza erbosa alla base del pilastro dell’avancorpo. Originariamente questo era il primo tiro della via.
Sosta: cordone su albero maillon di calata

L6:IV+/V 35 m 12 fix + 1ch.
Dalla sosta ci si sposta per qualche metro a SX sino al primo fix. Si attacca un breve risalto che conduce sul vero e proprio pilastro. Si continua verso DX andando ad attaccare una lama evidente ed appigliata che, con buone prese per i piedi, conduce verso SX al passo chiave del tiro. Vi è una tacchetta netta (V) che permette di uscire dal tratto. Si prosegue su una placca verticale tecnica (IV+) ed infine, verso SX, in un canale che s’insegue sino ad una terrazza erbosa. La via classica passava leggermente a SX dopo i primi metri. Questo tiro era protetto solo con due chiodi ancora visibili.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata

L7:IV+/V 25 m 6 fix + 2 ch +1 cordone
Dalla sosta si continua verso DX, dapprima su una placca abbattuta che termina in un passo erboso e poi sulla parte più severa del pilastro. Un muro non banale (V) conduce in verticale e poi verso SX a tacche e lame che confluiscono nel traverso che caratterizza la parte centrale della via. Si arrampica verso SX sfruttando un’ottima lama (IV+) sulla quale si rimonta. Quand’essa si allarga si attacca una placchetta che conduce ad un terrazzo roccioso molto suggestivo.
Sosta: 2 fix con cordone maillon di calata

L8:IV+/V 30 m 6 fix + 4 ch.
Si sale in verticale su un muretto che a DX aggira su roccia una colata talvolta umida. Si prosegue quindi nettamente a SX aggirando uno spigolo ed attaccando una placca ostica che si rivela in realtà un diedro da vincere con atletica spaccata (V). Anche questo passo è azzerabile grazie ad una chiodatura ravvicinata. Dopo un ristabilimento a DX su terreno appoggiato si prosegue a SX su uno speroncino ed infine su diedro atletico finale, leggermente strapiombante (IV). Attenzione perché l’allungamento della corda in questo punto può rendere il passo obbligato. L’ultimo passo è comunque facilmente evitabile mediante il canale erboso di DX che aggira l’ultimo torrioncino. Questo tiro conduce in vetta all’avancorpo.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata

L9:IV/IV+ 15 m 6 fix + 2 ch.
Dalla cima s’insegue la traccia segnata con bolli rossi che conduce in una trentina di metri all’attacco del torrione di vetta verso SX. Si attacca quindi un muro verticale molto lavorato (IV+) che si risale con eleganza sino al ristabilimento d’uscita. Questo tiro è concatenabile con il successivo.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di calata

L10: III+ 15 m 5 fix
Dalla sosta si prosegue in placca dapprima molto appoggiata (III) che si verticalizza subito trasformandosi in un muro estetico (III+) che esce su una cengia erbosa. La via classica proseguiva a DX verso le piante su cui si sostava dov’è ancora presente una targa di dedica.
Sosta: 2 fix + cordone grillo di calata

L11: IV 15 m 5 fix
Dalla sosta si prosegue verso SX su roccette che attaccano la placca del versante O. Dopo pochi metri si traversa a SX sulla parete N dove si scopre la presenza di un fix non visibile dal basso, volutamente ravvicinato. Si continua quindi verticalmente con un primo ristabilimento ed un secondo che guadagna la vetta della Rocca du Fò.
Sosta: 2 fix + cordone maillon di Calata

Storia della via
Nel giugno del 2003, scendendo dall’avancorpo della Cima Mondini (Alpi Marittime), Andrea Maria e Riccardo Rudino ebbero un gravissimo incidente. Facendo una doppia Andrea precipitò dalla parete. Riccardo cercò di arrestarne la caduta a forza ma per conseguenza fu strappato via dalla roccia. Si ruppe diverse costole, una spalla ed una mano nel tentativo di tener in vita il compagno, ma non ci fu nulla da fare. Nel periodo seguente, seppur funesto, Riccardo incominciò ad andare in montagna con un altro collega, l’amico Paolo Salata. Quest’ultimo, aveva imparato i rudimenti dell’alpinismo grazie ad un corso CAI e ne era entusiasta. Riccardo e Paolo passarono un anno a scalare in ogni momento possibile. I due amici parlavano spesso di aprire una via e dedicarla ad Andrea, molto caro ad entrambi. Una domenica, mentre affrontavano le storiche linee della Rocca Sbarua, come sempre insieme, Paolo non si sentii bene. Un male tanto oscuro quanto inatteso lo portò via in un mese.

È indescrivibile la situazione in cui si ritrovò Riccardo. Solo il passare del tempo permise allo scalatore qualche attimo di non serena quiete, per poter pensare ad un qualche cosa che potesse ricordare gli amici. «Io non ero mai stato a Sambuco [Val Cerusa, Appennino Ligure, Genova, n.d.r.] ed un giorno sono salito fino a quelle rocce, da solo, senza corda, senza nulla, e metro dopo metro, sono arrivato in cima, senza rendermi conto di quello che stavo facendo. Solo al rientro a casa ho capito che quella roccia e quella via, cosi selvaggia e meravigliosa, erano qualche cosa che mi avrebbe legato a loro per sempre». Riccardo ritornò a scalare la nuova linea dapprima con l’amico Saverio, rocciatore alle prime armi, e successivamente con Maurizio, compagno di scalate da sempre. Con barre d’antan autocostruite e fettucce, organizzò una prima chiodatura sporadica dei cinque tiri presenti.

Nell’aprile del 2007 Riccardo contattò Christian Roccati e Michele Picco per poter conseguire una chiodatura moderna e per poter divulgare la via. I tre scalarono la nuova linea insieme e parlarono della relativa storia. Ad ottobre dello stesso anno un quartetto composto da Roccati, Picco ed anche dagli amici Ernesto e “Dino” Dotta si ritrovò per una primaria opera sulla linea. La prima coppia si applicò alla parte alta mentre la seconda all’attacco dei primi tre tiri della via, che nel corrente anno contava oramai di 7 lunghezze. I lavori furono però rimandati lungamente per due anni.

Christian Roccati nel settembre del 2009 contattò nuovamente Riccardo e Michele per informarli che avrebbe realizzato l’opera insieme socio di cordata Ernesto. I due, grazie ad un continuativo lavoro settimanale sotto ogni tempo, attrezzarono la via con una rinnovata linea logica, aprendo una serie di nuovi tiri su difficoltà omogenee. Ernesto e Christian raddrizzarono la via in ottica moderna, scegliendo di passare dove avrebbero potuto proteggere la linea con eleganza con moderni fix su roccia compatta ma rispettando i passi chiave della via originaria. Mentre la coppia ripuliva primariamente la traccia di accesso, “disgaggiava” la parete ed organizzava ed attuava la chiodatura, il buon Riccardo riqualificava i sentieri, utilizzati di norma dai cacciatori, mediante pulizia e risegnatura. Michele non potendo intervenire direttamente aiutava fornendo una buona parte del materiale iniziale.

Il 13 ottobre la Nuova via Andrea e Paolo è stata ripetuta in libera per il test materiali da Christian ed Ernesto che hanno aggiunto ulteriormente diversi altri ancoraggi in fase di salita. Due giorni dopo è stato aggiunto anche l’undicesimo tiro che conclude la scalata attuale sbucando direttamente in vetta alla Rocca du Fò, la rocca del Faggio.

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