Cervino o Matterhorn Cresta del Leone

Cervino o Matterhorn Cresta del Leone
La gita
manuel_c
5 31/08/2008

Sabato tanto sole… giornata perfetta (saliti alla Carrel). Domenica tempestoso… giornata perfetta ugualmente! C’è voluta tutta la nostra voglia di arrivare per andare avanti e giungere in vetta.

Non starò qui a descrivere l’itinerario della montagna più ammirata, più relazionata e più letta al mondo (forse). Le condizioni sulla via sono accettabili (noi abbiamo calzato i ramponi dalla Gran Corde in su). La salita è abbastanza impegnativa (più dal punto di vista psicologico che tecnico). Sinceramente non pensavo che la roccia fosse così sfasciata Se qui, a detta di tutti, rispetto all’Hornli è solida allora di là si arrampica sulla sabbia (opinione personale). La cosa più complicata rimane l’individuazione della prima parte dell’itinerario (sino al Tyndall), non appena si esce dalla via corretta la roccia diventa pericolosa.

Quando la domenica mattina sono uscito fuori dalla capanna ho pensato: “Mi ha fregato ancora, maledetta montagna”. Nebbia, vento (da sud-ovest!) e gran umidità nell’aria. Inseguita sin da quando ero più giovane e sfuggita sempre, vuoi per un motivo o un per un altro. Poi come niente fosse mi metto a fare il tè. Una guida parte e mi dice: “ma si, che si fa”. Partiamo poco dopo, alle 5 e 10. Il tempo non sembra migliorare, a Giacomo non lo dico ma so che dovremo tornare indietro… “come si fa a scalare il Cervino con questa nebbia che non vedi a 10 metri, con le rocce umide e il vento?”. Incontriamo la guida (quella), gli dico: “ma siete già saliti?”. “Ma va là” mi dice. “oggi non è giornata per scalare il Cervino… siamo arrivati al Tyndall e non è mica tanto bello lassù: freddo, verglas e vento…“. Ormai è chiaro, spengo la frontale. Saliamo la Gran Corde di buona lena. Ancorati alla sosta ci sono i tre della Val Pusteria infreddoliti… non sanno che fare. Faccio sicura a Giacomo e penso: “saliamo al Tyndall, vediamo il tempo… se non migliora scendiamo”. I tre, ci dicono: “noi scendiamo”. Noi invece calziamo i ramponi, l’umidità di prima sulle rocce comincia a diventare brina. Poco sotto al Tyndall la visione… O benedetto vento che spazza via le nubi… si vede tutto. Dentro di me la motivazione spazza via i timori: “dai che ce la facciamo!”. Il Tyndall fila via liscio, anche se per arrivare sotto alle ultime corde pensavo fosse più corto (vietato soffrire di vertigini :). Incontriamo passaggi verglassati che richiedono impegno. Sulla scala Jordan volgo lo sguardo indietro, altre cordate che tornano indietro (forse gli amici di Biella conosciuti alla capanna). Poi le ultime roccette, gli ultimi metri… siamo in cima al Cervino, sono le 11 circa. Lo sguardo volge lungo la terrificante parete nord laggiù c’è Zermatt e laggiù c’è Cervinia… 2.400 metri più in basso. Il sentimento romantico della vetta è durato poco, davvero poco. Sapevo benissimo che la parte più dura iniziava ora. Lungo la discesa tolgo per un secondo il casco per levarmi il berretto. È un attimo… zac… il mio bel berretto rosso ruzzola lungo la parete ovest. Pazienza, sarà un altro ricordo della salita mi dico. Quando arriviamo alla Carrel non c’è più nessuno… un attimo di pausa, poi giù a Cervinia. È ancora lunga. Un giorno grande!

Emanuele Camera (Cai Ovada), con Giacomo Bianchi (Lecco).

Dedico la cima alla sezione Cai di Alessandria che compie quest’anno 80 anni di alpinismo.

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