Una via che fa parte della storia dell’ alpinismo.
Noi abbiamo fatto il vecchio sentiero che nonostante sia ufficialmente chiuso è percorribile prestando un po’ di attenzione.
Giunti al rifugio proseguire tra i due edifici, freccia con scritta viale , seguire paletti e ometti fino a che risulta impossibile proseguire .
A quel punto salire le placche dello zoccolo a sx, corda fissa , ometti , fino a giungere poco sopra la cengia di attacco.
Qui sono presenti un paio di piazzole da bivacco abbastanza comode.
Il nevaio sulla cengia si supera bene in quanto staccato dalla parete , possibilità di fare acqua.
La relazioni a nostro avviso migliore è quella di montagna biellese.
Alcune note:
– il diedro da raggiungere dalla cengia mediana non è il primo che si vede dalla sosta di sotto, sebbene sia chiodato, ma rimane a sx dietro lo spigolo, visibile contenitore in latta e poco sopra sosta a fix
– nel tiro dopo la cengia mediana conviene uscire dal diedro all’altezza di due chiodi ravvicinati , non puntare alla sosta sopra ma attraversare a dx cercando il facile per giungere poi in sosta
– le calate conviene fare quelle del soccorso, evitare l’ultima calata dalla sosta con cordoni in quanto nelle placche sotto, a destra viso a monte, sono presenti due fix con anello per un ulteriore calata
-le soste della via a parte quella prima del diedro rebuffat (spuntone ) sono sempre a uno o due fix , se non ci sono avete sbagliato
-per raggiungere il bivacco in caso di scarsa visibilità proseguire la cresta a sinistra dell’obelisco per circa 50 metri , il bivacco rimane sulla destra sotto la cresta , sono presenti segni giallo sulle rocce.
Via dall’impegno globale elevato, avvicinamento spacca gambe , arrampicata dalla seconda metà in poi sempre sostenuta, rientro lungo.
Un avventura
Salita insieme a Marco , nessuna altra cordata sulla via, che spettacolo!