- Accesso stradale
- Pian del Re, parcheggio a pagamento 10 euro al giorno, solo contante
Partiti dal Quintino Sella con corda da 30 verso le 5.30 per iniziare l’arrampicata coi primi chiarori dell’alba, seguiamo il sentiero fino al colle dove una traccia, di non facilissima individuazione, segnata in maniera discontinua talvolta da ometti e talvolta da linee gialle, conduce in cima ad un conoide detritico e ad una evidente lingua di neve dura e compatta. Attualmente c’è un traverso molto pestato che porta diretti all’attacco della via, marcato da una striscia e bollo giallo (come indicato in relazione).
Da qui comincia una semplice arrampicata su roccette, pulita e asciutta, dove è sempre possibile ritagliarsi qualche passaggio bonus più ingaggioso. L’ascesa inizialmente è discontinua sia per arrampicata che per segnavia (prima gialli, poi rossi, poi, verso la cima, anche arancioni), ma sempre piuttosto intuibile, fino ad un prima torretta, dove si trova un chiodo fisso (presente targa di metallo, mentre quella di marmo del Robert arriva dopo).
Tutto procede lesto e nel migliore dei modi fintanto che non decidiamo di fare il torrione Saint Robert, che attacca dalla targa di marmo. Le cordate della giornata sono 4, tutte partite all’incirca alla stessa ora ed incrociate al traverso su lingua di neve, due cordate aggirano il torrione mentre la nostra e quella di due francofoni lo affrontano. Superati i primi tiri con chiodo fisso ed evidenti bolli la situazione si fa dubbia, i francofoni decidono di barare sparandosela a friend (e ci lanciano anche in testa qualche pietra), noi iniziamo un su e giù di arrampicata in libera su passaggi di IV alla ricerca della reale prosecuzione della via: ci sembra infine di trovarla seguendo un canaletto sulla sinistra. Incontriamo qualche cordone qua e là che ci trasmette fiducia, fino a che la via biforca e ci ritroviamo, seguendo il cordone di sinistra, di fronte ad un canaletto poco invitante (probabilmente la via giusta) e, seguendo il cordone di destra, su passaggio di placca di V. Ad oltre una decina di metri dalle nostre teste brilla o un maillon o un moschettone su un cordino. Di chiodi fissi neanche l’ombra. In compenso la via è un cimitero di friend che manco Excalibur.
Sconfortati e avendo visto dilazionarsi i nostri tempi di salita, fino al Robert dignitosi, prendiamo quella che sembra una via di fuga sulla sinistra, su evidente terrazzino. Aggirando quindi il torrione da sinistra ci ritroviamo di fronte ad una lingua di neve ghiacciata, che costringerebbe a mettere i ramponi. Cerchiamo dunque di sfangarcela risalendo di pochi metri su roccia, dove scoviamo un cordino in kevlar nero pressochè nuovo e ci ritroviamo, non si sa bene come, praticamente in cima al torrione.
Siamo allora alla sosta che consente una calata (come da relazione), di cui non usufruiamo, facciamo invece una piccola disarrampicata su colletto e superiamo da sinistra le torrette aeree. Di fronte a noi un traversino di neve ghiacciata e pestata dai francofoni, poi inventiamo passaggi su roccette qua e là sporchi di neve morbida per riportarci sulla via, dove intercettiamo i francofoni ed una delle due cordate che si sono scansate il calvario.
Salendo si incontrano ancora torrette: la prima è chiodata ma anche aggirabile da destra arrampicando s’un intaglio (no chiodi in questo caso), la seconda è quella dalla Via della Lepre, segnata come possibile via di fuga, la terza si trova poco sopra. La cordata affianco a noi valuta la possibilità di prendere la via di fuga che ricollega alla normale, poi la guarda bene, e la guardiamo anche noi: da questo angolo di visuale gli evidenti cerchi e le linee gialle traversano il fianco della montagna sfidando la gravità e linee di neve dura e compatta sembrano lì pronte a dare il colpo di grazia. Senza indugio affrontiamo i chiodi superando la via della Lepre (dalla partenza ostica segnata a relazione). Anzi, il chiodo. Dopo di quello cordoni, fil di ferro e la nostra intraprendenza a fabbricare soste su spuntoni.
Decidiamo di evitarci almeno l’ultimo torrione, quello di rocce rosse, provando a seguire pedissequamente le indicazioni. Evidentemente invalidati dal nostro ADHD finiamo a fare delicati passaggi su neve, risalendo a spirale, e ci ritroviamo sulla cima del torrione.
A questo punto i bolli gialli della normale si fanno visibili ed abbondanti, e ci permettono di guadagnare in breve la vetta.
Il cielo è terso e non si vede una nuvola all’orizzonte, la cima è abbastanza sporca di neve ghiacciata e scivolosa, c’è parecchio vento. Cominciamo la discesa su normale stando attenti a mantenere sempre alta l’attenzione per non perdere di vista i segni gialli, a tratti molto abbondanti e a tratti ritrovabili solo stando attenti a seguire i percorsi intuibilmente pestati. Qua e là qualche passaggio di disarrampicata un po’ molesto per persone basso dotate, ma nessuna reale difficoltà da segnalare. Sopra al bivacco Andreotti incontriamo una lingua di neve morbida e scarna che affrontiamo senza ramponi. Qualcuno sembra star salendo.. Ma a ques’ora? No, sono solo due camosci poco intimoriti dalla nostra presenza. Dal grosso ometto che si scorge già alla base della morena bisogna fare attenzione a seguire i segni gialli verso sinistra, e non verso destra, onde evitare di seguire la via che porta al bivacco Boarelli. Dai cartelli la traccia da seguire diviene di colore rosso e risale al colle della Sagnette, con croce bianca ed installazione mariana. Dunque si scende su via attrezzata con catene fino a ritrovare il sentiero per il Quintino Sella.
Bella avventura, le mie albe preferite sono alle pendici del Monviso. Grazie al socio che come sempre supporta e sopporta.