Caspita Daniele ...
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marco levetto
Re: Caspita Daniele ...
Avevo messo per iscritto questi pensieri altrove, per alcuni amici, dopo che ricevetti la tua mail. Allora mi invitasti a pubblicarli. Non lo feci. Fu egoismo il mio. E' giusto che si sappia di te, mio caro amico [D.], e di Lucy vecchio cane.
STORIA DI MONTAGNE, UOMINI E CANI
Ometterò nomi e luoghi, non sono importanti qui, ma la storia è vera.
La settimana scorsa apro una mail dal titolo interessante: “un cane di nostra conoscenza”, inviatami dal caro amico D., compagno di salite, forte ed esperto montanaro, in una parola colui che vorresti avere di fianco quando le cose si mettono male.
Così recitava:
“Domenica abbiamo fatto il B..., probabilmente in compagnia della stessa cagnetta, di nome L..., che ci aveva accompagnato nel giro di V... di quasi otto anni fa... Se non la portavamo giù noi moriva di freddo. In paese ci hanno detto che si tratta di un cane da valanga che pare abbia contribuito a trovare ben 5 dispersi. Al proprietario, tal F..., pare che di questo vecchio cane di 14 anni non importi più nulla, così S... [uno degli scialpinisti che ha partecipato al soccorso] l’ha adottata. Spero che adesso possa godersi un'onorata pensione anche se ho il sospetto che, alla casa di riposo, avrebbe preferito la morte per assideramento sulle sue montagne...”
Correndo con il pensiero a quella gita di otto anni fa, ho ritrovato le vecchie foto e le immagini di L., oggi vecchia e canuta, allora cane da valanga nel pieno delle forze, tanto da averci accompagnato lungo un tour di oltre duemila metri di dislivello e diversi chilometri di sviluppo, raggiungendo una vetta di tremila metri in inverno...
La settimana successiva siamo nuovamente insieme per una scialpinistica, i luoghi sono prospicienti per un lato alla montagna teatro del recente salvataggio, per l’altro alla vetta salita otto anni orsono, il freddo pungente, il cielo tersissimo, la neve gelida e asciutta, in quantità come non se ne vedeva da molto tempo.
Salendo, riviviamo la gita compiuta con L. in precedenza (d’abitudine si è sempre aggregata spontaneamente agli escursionisti e scialpinisti che partivano dal paese); ricordo che scendendo dalla punta del V... per un lungo e ripido pendio di neve compatta, la nostra compagna occasionale prese un liscio di almeno cento metri, arrestandosi poco sopra il colle, fortunatamente senza danni ma incapace per la paura di riprendere il cammino e traversare nella direzione giusta per divallare. Allora scesi fino a lei e, ponendomi a valle, grazie alla maggiore stabilità assicurata dalle lamine affilate degli sci, la accompagnai tenendola per il collare lungo il traverso, fino a raggiungere pendii più sicuri.
Nulla rispetto a domenica quando invece, racconta il mio amico, sorpresa in punta dalla scomparsa del sole e da un freddo atroce, la povera vecchia L.-salvatrice-di-uomini, incapace di reggersi sulle zampe e battendo i denti come una mitragliatrice, ha avuto bisogno degli uomini per tornare a valle viva.
E qui successe un fatto.
Alternandosi nel compiere i quasi mille metri di dislivello in discesa con L. a spalle, che pesa almeno venti chili, nel passarsi la bestiola semiassiderata dopo averla deposta di volta in volta nella neve profonda, il mio amico tenta di sollevarla per il collare, probabilmente procurandole dolore, ed ottenendo come risposta prima un debole morso poi, al secondo tentativo di caricarsela nello stesso modo, una azzannata più decisa alla mano.
Capìto il messaggio, il gruppo si prodiga nel sollevarla via via con cautela, afferrandola da sotto il ventre.
Così giunti finalmente a valle ormai al buio, e dopo aver inutilmente tentato di rintracciare il padrone, si decide per l’adozione, celebrata con mille feste alla gloriosa cagnetta dal capannello dei soccorritori, dal quale il mio generoso amico si tiene un po’ in disparte temendo di contrariare il vecchio cane.
Fu a quel punto che L. prese l’iniziativa e, lasciando il gruppo, si avvicinò spontaneamente a D. con la coda tra le gambe, il muso basso e due occhi espressivi che solo una montagna di neuroni a specchio e un cuore puro da cane accendono, a cercare una sua carezza di riconciliazione.
Ti chiedo scusa se ti ho fatto male, ma lassù non ce la facevo proprio a dirtelo altrimenti! Mi perdoni?
Questo mi confidò D., sapendo che quegli occhi gli rimarranno dentro per tutta la vita, e questo vi ho voluto raccontare, della purezza del cuore di L., salvatrice degli uomini, che per quell’unica volta ha temuto di aver fatto del male all’uomo.
Marco Levetto, dicembre 2017
STORIA DI MONTAGNE, UOMINI E CANI
Ometterò nomi e luoghi, non sono importanti qui, ma la storia è vera.
La settimana scorsa apro una mail dal titolo interessante: “un cane di nostra conoscenza”, inviatami dal caro amico D., compagno di salite, forte ed esperto montanaro, in una parola colui che vorresti avere di fianco quando le cose si mettono male.
Così recitava:
“Domenica abbiamo fatto il B..., probabilmente in compagnia della stessa cagnetta, di nome L..., che ci aveva accompagnato nel giro di V... di quasi otto anni fa... Se non la portavamo giù noi moriva di freddo. In paese ci hanno detto che si tratta di un cane da valanga che pare abbia contribuito a trovare ben 5 dispersi. Al proprietario, tal F..., pare che di questo vecchio cane di 14 anni non importi più nulla, così S... [uno degli scialpinisti che ha partecipato al soccorso] l’ha adottata. Spero che adesso possa godersi un'onorata pensione anche se ho il sospetto che, alla casa di riposo, avrebbe preferito la morte per assideramento sulle sue montagne...”
Correndo con il pensiero a quella gita di otto anni fa, ho ritrovato le vecchie foto e le immagini di L., oggi vecchia e canuta, allora cane da valanga nel pieno delle forze, tanto da averci accompagnato lungo un tour di oltre duemila metri di dislivello e diversi chilometri di sviluppo, raggiungendo una vetta di tremila metri in inverno...
La settimana successiva siamo nuovamente insieme per una scialpinistica, i luoghi sono prospicienti per un lato alla montagna teatro del recente salvataggio, per l’altro alla vetta salita otto anni orsono, il freddo pungente, il cielo tersissimo, la neve gelida e asciutta, in quantità come non se ne vedeva da molto tempo.
Salendo, riviviamo la gita compiuta con L. in precedenza (d’abitudine si è sempre aggregata spontaneamente agli escursionisti e scialpinisti che partivano dal paese); ricordo che scendendo dalla punta del V... per un lungo e ripido pendio di neve compatta, la nostra compagna occasionale prese un liscio di almeno cento metri, arrestandosi poco sopra il colle, fortunatamente senza danni ma incapace per la paura di riprendere il cammino e traversare nella direzione giusta per divallare. Allora scesi fino a lei e, ponendomi a valle, grazie alla maggiore stabilità assicurata dalle lamine affilate degli sci, la accompagnai tenendola per il collare lungo il traverso, fino a raggiungere pendii più sicuri.
Nulla rispetto a domenica quando invece, racconta il mio amico, sorpresa in punta dalla scomparsa del sole e da un freddo atroce, la povera vecchia L.-salvatrice-di-uomini, incapace di reggersi sulle zampe e battendo i denti come una mitragliatrice, ha avuto bisogno degli uomini per tornare a valle viva.
E qui successe un fatto.
Alternandosi nel compiere i quasi mille metri di dislivello in discesa con L. a spalle, che pesa almeno venti chili, nel passarsi la bestiola semiassiderata dopo averla deposta di volta in volta nella neve profonda, il mio amico tenta di sollevarla per il collare, probabilmente procurandole dolore, ed ottenendo come risposta prima un debole morso poi, al secondo tentativo di caricarsela nello stesso modo, una azzannata più decisa alla mano.
Capìto il messaggio, il gruppo si prodiga nel sollevarla via via con cautela, afferrandola da sotto il ventre.
Così giunti finalmente a valle ormai al buio, e dopo aver inutilmente tentato di rintracciare il padrone, si decide per l’adozione, celebrata con mille feste alla gloriosa cagnetta dal capannello dei soccorritori, dal quale il mio generoso amico si tiene un po’ in disparte temendo di contrariare il vecchio cane.
Fu a quel punto che L. prese l’iniziativa e, lasciando il gruppo, si avvicinò spontaneamente a D. con la coda tra le gambe, il muso basso e due occhi espressivi che solo una montagna di neuroni a specchio e un cuore puro da cane accendono, a cercare una sua carezza di riconciliazione.
Ti chiedo scusa se ti ho fatto male, ma lassù non ce la facevo proprio a dirtelo altrimenti! Mi perdoni?
Questo mi confidò D., sapendo che quegli occhi gli rimarranno dentro per tutta la vita, e questo vi ho voluto raccontare, della purezza del cuore di L., salvatrice degli uomini, che per quell’unica volta ha temuto di aver fatto del male all’uomo.
Marco Levetto, dicembre 2017
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IZIO1974
Re: Caspita Daniele ...
l Soccorso alpino valdostano ha recuperato il corpo senza vita di uno scialpinista nella valle di Champorcher. "Con buona probabilità - si legge in una nota - potrebbe trattarsi di Daniele Caneparo, di 55 anni, il medico neurologo di Torino che non aveva fatto rientro da una gita scialpinistica lo scorso 23 novembre, nella zona della Cimetta Rossa"
Da ANSA VDA
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